Un titolo un po’ provocatorio per sottolineare un aspetto importante per la nostra crescita. Sono i successi a costruire il nostro senso di efficacia personale, ma quasi nessuno arriva a un grande risultato senza fallire prima, ripetutamente. La differenza tra chi ottiene qualcosa e chi non ce la fa, quindi, può dipendere dal tipo di rapporto che si ha con i propri insuccessi.
Allora?
Allora è utile abituarsi a considerare un insuccesso nel modo più utile al nostro benessere: un insieme d’informazioni, feedback, che ci comunicano qualcosa, ad esempio:
- Un errore nostro: possiamo correggerlo? come? In quanto tempo?
- Un vincolo di contesto, quanto è difficile da rimuovere?
- Un episodio fortuito sfavorevole, con quale frequenza potrà ricapitare?
Porsi queste e altre domande aiuta a correggere il tiro, e raggiungere la mèta più avanti, oppure a decidere serenamente di cambiare rotta e puntare a un obiettivo realizzabile (ma sempre in linea con i propri desideri e capacità, do per scontato che si parla di errori relativi ad attività alle quali teniamo, e non a quelle che facciamo svogliatamente, senza motivazioni).
Quello che bisogna evitare è “buttarla sul personale”, cioè interpretare il fallimento come qualcosa che dipende da nostre caratteristiche interne e immodificabili, cosa che ha a che fare in parte con il nostro stile esplicativo più o meno ottimista, perché il rischio è deprimersi e smettere di tentare. Naturalmente bisogna anche evitare di prendere alla leggera un insuccesso, non analizzandone le cause: non è affatto detto che sbagliando s’impara, possiamo dire che sbagliando è possibile imparare, se verso i propri sbagli si ha un atteggiamento sanamente critico, come quello sopra descritto.
Giorni fa un ex-collega ha postato su Linkedin una frase del grande cestista Michael Jordan; questa frase, e uno schema di sintesi (clicca qui o sullo schema per ingrandirlo), credo siano il modo migliore per concludere questo pezzo.
i have missed more than 9.000 shots in my career. I’ve lost almost 300 games. 26 times i’ve been trusted to take the game winning shot and missed. I’ve failed over and over and over again in my life. And that is why i succed.
Michael Jordan
Sono pienamente d’accordo ed ormai è anche un’evidenza scientifica che è altrettanto indispensabile la “self efficacy” per evitare l’insuccesso. Se si ha un atteggiamento psicologico orientato al successo il nostro cervello ci darà le armi per raggiungerlo, basta invece solo fargli credere di non avere i mezzi o le opportunità che sarà altrettanto bravo a tramutare pensieri in realtà. Se influenziamo le nostre previsioni e anticipazioni possiamo modificare noi stessi e il mondo che ci circonda!
Questo schemetto me lo stampo e me lo appendo in ufficio, visto che, essendo ancora in fase di apprendimento/formazione, praticamente a lavoro sbaglio 2/3 delle cose che faccio!
Comunque, ovviamente quanto scritto nell’articolo è giustissimo e sacrosanto, ma, prima ancora dell’apprezzamento dei propri insuccessi e del riconoscimento del loro valore educativo, forse si potrebbe approfondire il tema dell’ACCETTAZIONE dell’errore, che è uno step antecedente quanto descritto qui. Naturalmente parlo sulla base delle mie esperienze e della mia personalità, e io faccio grandissima fatica non solo a vedere il lato positivo dei miei fallimenti, ma anche ad accettarli; sono prontissima a perdonare quelli degli altri e a giustificare gli errori di tutti, ma quando si tratta di me la questione è totalmente diversa. Per me, purtroppo, è assolutamente inammissibile sbagliare e, quando capita come sul lavoro, la mia reazione più immediata è: “me lo merito perchè evidentemente non ho fatto abbastanza” e scatta subito un meccanismo di “autopunizione”. Ma la cosa diventa ancora più grave quando, proprio per la paura di sbagliare, evito completamente di fare certe cose…se penso di non essere all’altezza di raggiungere un determinato obiettivo, anche se lo desidero profondamente, spesso non ci provo nemmeno, perchè so che accettare poi un eventuale fallimento sarebbe totalmente impossibile per me e mi distruggerebbe a livello emotivo. Quindi proporrei di scrivere qualcosa su questo, su come vincere la paura di fallire o di sbagliare, che spesso ci blocca a monte e non ci fa imbarcare in avventure che, invece, potrebbero dimostrarsi interessanti e in cui potremmo anche avere successo.
Federica: è vero, l’atteggiamento mentale è decisivo, a patto che ad esso segua anche l’AZIONE ben ponderata: considerando cioè le proprie reali capacità, il contesto, gli alleati possibili, i possibili ostacoli, e proprio gli errori commessi in passato! 🙂
Sara: in genere l’atteggiamento di cui parli è tipico del PERFEZIONISTA, che spesso ha come conseguenza proprio il fatto di non iniziare un’attività, intraprendere un’iniziativa, cose che possono dipendere anche da altri fattori. Ad esempio, la nostra cultura, insistendo fortemente sul valore del successo, inevitabilmente porta alla condanna del fallimento, con la conseguenza di scoraggiare molti in partenza. Discorso complesso, a cui probabilmente, come da tuo suggerimento, dedicherò un post.
Si assolutamente! Organizzarsi con atteggiamento orientato al successo non è dirsi ” sono bravo , sono bello”, l’autoefficacia è anzi un pensiero positivo verso il rischio supportato da un penseiro predittivo, si deve avere un obiettivo “CO.MI.CO.” ( concreto, misurabile, compatibile, con le propri risorse interne e esterne) non non si può andare alla cieca. Quello che volevo sottolineare appunto è : pensare che è impossibile e pensare di non farcela porta a non assumersi nemmeno il rischio di provare. Tutto si può fare, bisogna avere una grande consapevolezza di se per evitare di crearsi degli alibi davanti agli errori, per toglierci il senso di responsabilità. Per concludere e non annoiare ulteriormente xD, trovo che l’insuccesso per una persona sta nel convincersi di non avere possibilità per riuscire.