Che cosa hanno in comune molte persone insoddisfatte? Il fatto di essere cadute in alcune trappole mentali, delle quali spesso non si rendono conto; delle tante in cui si può cadere, vediamone con un po’ d’ironia 3 tra le più frequenti e dannose:
- Ignorare le proprie motivazioni profonde: tutti noi abbiamo delle motivazioni profonde, che cercano appagamento nella realtà. Il contatto che abbiamo con queste motivazioni è di natura istintiva, viscerale: alcuni sentono di voler rendere la vita ricca di relazioni appaganti, altri di voler raggiungere obiettivi sempre più sfidanti e difficili, c’è chi sente di voler fare il medico, chi gode già a 14 anni di fronte a un’opera di Michelangelo… Succede spesso però che i condizionamenti (familiari, culturali) subìti portino a ignorare queste motivazioni, orientandoci verso obiettivi distanti da quanto ci chiede la nostra vocazione. Con il tempo, i segnali “viscerali” che manda il sistema motivazionale si spengono, se non vengono ascoltati; a quel punto è facile insistere nel fare cose che non gratificano affatto, scivolando in una spirale di alienazione dalla quale uscire da soli diventa tremendamente complicato. Quindi, se volete rendevi più infelici, è sufficiente che prendiate i vostri desideri reali, e che li ignoriate sistematicamente; se non riuscite neanche più a capire quali siano, siete già sulla strada giusta!
Succede spesso che le persone si costruiscano una gabbia di atteggiamenti mentali limitanti e dannosi - Credere che tutto dipenda dal destino: “sono fatto così e non posso cambiare”, “se le cose stanno così non posso farci niente” sono due delle frasi top che potete ripetere tutti i giorni davanti allo specchio per vivere con dannoso fatalismo: in questo modo rinuncerete alla fatica che quasi sempre serve a soddisfare i propri desideri (quelli di cui sopra), e andrete incontro a continue frustrazioni, probabilmente sempre più imponenti con il passare degli anni.
- Convincersi di non valere nulla: la benzina per avere un ruolo attivo nella vita viene meno se l’autostima e il senso di efficacia personale sono bassi. Ottenere questo risultato è piuttosto facile: concentratevi sempre e solo sui vostri errori (non sia mai che un giorno facciate caso alle cose buone che combinate), evitate nella maniera più assoluta di notare che anche gli altri sbagliano, attribuite i vostri sicuramente pochi successi al destino (lo stesso di cui sopra) e non a vostre capacità. Alcune domande di qualità che potreste farvi sono: che cosa è andato storto oggi? che cos’è che gli altri fanno bene e io malissimo? Che cosa potrò sbagliare domani? In questo modo la vostra autostima precipiterà alla stessa velocità di un boeing in caduta libera.
Insistete nel perpetrare quanto ai punti 1),2) e 3), evitate di chiedervi se per caso potrebbe essere utile mettersi in gioco con un Life Coach, e una duratura infelicità è assicurata; senza contare l’inebriante possibilità di sprofondare nella psicopatologia!
Per approfondire: Rainer Sachse, Come rovinarsi la vita sistematicamente (e smettere di farlo), Feltinelli Urrà; Paul Watzlavick, Istruzioni per rendersi infelici, Feltrinelli.