Vivere nel qui ed ora è importante innanzitutto per una questione energetica: ruminare in continuazione sul passato, che sia stato magnifico o terrificante, migliore o peggiore rispetto all’oggi, ci prosciuga le forze dall’interno, così come ci distrae e indebolisce fantasticare continuamente sul futuro, immaginandolo roseo o cupo.
Soprattutto, vivere nel presente significa avere atteggiamenti proattivi e reattivi nei confronti delle situazioni che stiamo vivendo: cogliere segnali dalle persone, dettagli dall’ambiente, particolari nelle informazioni che i nostri sensi ci mandano; secondo Richard Wiseman ciò rende più “fortunati”, perché se stiamo con la testa fra le nuvole (ricordando il passato, fantasticando sul futuro) è molto probabile che non ci accorgiamo degli assist da cogliere al volo che la vita ci offre per migliorare.
E poi, far smettere di parlare la nostra testa, ogni tanto, fa molto bene, lo dimostra ormai una tale mole di ricerche che probabilmente è una delle poche cose su cui tutta la psicologia è d’accordo.
Quindi, ben venga l’utilizzo di tutte quelle tecniche di meditazione, mindfulness, yoga, tai ji, training autogeno etc. che ci chiedono una pura attenzione sul qui ed ora.
D’altra parte, ogni estremo è nocivo e se vivessimo sempre nel presente, cosa peraltro impossibile, sarebbe altresì dannoso: la nostra coscienza può guidarci nell’attingere dal passato sia per imparare dai nostri errori, sia per ricordarci che abbiamo già fatto molte cose buone; inoltre ogni tanto fa bene desiderare un futuro auspicabile, in modo da caricare il nostro presente di mète motivanti.
Poi, come potremmo pianificare la vita quotidiana se fossimo sempre concentrati su cosa sta accadendo adesso?
La differenza fondamentale allora non è tanto tra chi vive nel presente e chi no, ma tra chi subisce sempre l’intromissione di pensieri su passato e futuro, e chi, controllandoli, sceglie di dedicarvisi volontariamente in alcuni momenti, focalizzando sul qui ed ora il resto del proprio tempo.