Che cosa c’è di diverso tra le persone che la mattina si alzano con entusiasmo e quella che sembrano trascinarsi a fatica nel corso della giornata?
Perché c’è chi ha una certa luce negli occhi e chi sembra perennemente spento?
Troppo spesso, anche nel Coaching, le dinamiche della motivazione sono state affrontate con superficialità. Così, io stesso mi ritrovo a conversare con persone che, quando spiego che sono un Coach, mi chiedono (a volte non senza ironia) se passo le sessioni a incitare i clienti. Sorvolando sul fatto che saper incitare è un’arte che coltivata nel modo giusto dovrebbe far parte del repertorio di ogni essere umano, mentre purtroppo siamo circondati da potenti “demotivatori” consapevoli e inconsapevoli, bisogna sapere che allenare la motivazione è una faccenda più complessa del mostrare alla persona che abbiamo di fronte con le nostre parole e i nostri gesti (e la nostra postura e il tono di voce e lo sguardo…) che siamo davvero convinti che possa farcela.
Partendo dagli studi di Ryan e Deci possiamo considerare 2 macrocategorie di motivazione:
MOTIVAZIONE INTRINSECA: Quando facciamo qualcosa che ci piace, ci riesce bene, ci incuriosisce, ci stimola di per sé. Una materia studiata per amore della conoscenza, una relazione coltivata per il piacere di esprimere se stessi nell’intimità con qualcuno che apprezziamo, un allenamento settimanale per il piacere di prendersi cura di sé, un lavoro fatto per il suo valore (individuale, sociale).
MOTIVAZIONE ESTRINSECA: Quando svolgiamo un’attività in vista di qualcos’altro o per uno scopo che trascende l’attività stessa. Un lavoro fatto esclusivamente per guadagnare, una dieta fatta per piacere agli altri, una relazione coltivata solo perché “quello è uno che conta”.
La motivazione che ci accende è SOLO QUELLA INTRINSECA, perché riguarda l’attivazione delle nostre potenzialità, perché è coerente con i nostri valori e con il significato che diamo alla nostra vita, perché in sostanza RISPETTA LA NOSTRA AUTONOMIA facendoci sentire gratificati, liberi, coerenti, integri.
Ecco perché è frustrante fare un lavoro solo per lo stipendio, studiare solo perché serve laurearsi o diplomarsi (o perché in caso di promozione arriverà qualche agognato regalo da mamma e papà), coltivare relazioni solo per la paura di restare soli…. tutte motivazioni estrinseche che non hanno a che fare con la nostra autenticità, e quindi sono attraversate da livelli più o meno intensi di costrizione e dipendenza dal bisogno.
Spesso non è facile capire quali sono le proprie motivazioni intrinseche, specialmente se sono rimaste sopite a lungo: qui entra in gioco un buon Coach, il quale aiuta il cliente a riflettere sui propri valori, scopi, interessi e potenzialità, a capire come concretamente rivitalizzarli e poi esaltarli, ritrovando autonomia, responsabilità, senso, genuina simpatia verso le persone. Spesso non è semplice, perché una persona si trova aggrovigliata in situazioni complesse in cui responsabilità (reali e immaginarie), credenze, valori (non pensati), abitudini creano nodi difficili da sciogliere, da soli.
Ma, con un buon allenamento, (quasi) tutto è possibile.
PER COMINCIARE: La ricercatrice inglese Ilona Boniwell suggerisce il seguente esercizio che mi piace molto: concedetevi l’opportunità di fare tutte le scelte che potete, di svolgere attività moderatamente impegnative (né facili né esageratamente difficili) nelle quali avete l’impressione di ottenere buoni risultati (o comunque che vi danno soddisfazione). Considerate cosa pensate delle diverse situazioni e cercate di capire se il vostro punto di vista differisce da quello di altre persone, valutate se e come per voi è meglio comportarvi diversamente. Tutto questo allena la vostra autonomia e, di conseguenza, la vostra motivazione intrinseca.