Nel momento in cui alla vita manca una direzione subentrano malessere, smarrimento e senso di vuoto, succede anche che una direzione la si abbia, però si sia presa con scarsa consapevolezza e quindi non si senta propria.
Quando parlo di consapevolezza mi riferisco al lavoro che svolgiamo attraverso la nostra coscienza per comprendere in che modo possiamo far fiorire la nostra vita e difenderla, e questo in primo luogo è un lavoro di costruzione del significato.
Non possiamo avere un senso e uno scopo sentìti come nostri senza la costruzione di un significato personale.
Questa passa attraverso la comprensione della nostra personalissima concezione di felicità, frutto della consapevolezza delle nostre potenzialità peculiari, convinzioni, desideri, valori, di ciò che possiamo migliorare e ciò che dobbiamo accettare.
Quando diventiamo coscienti dell’originale mosaico composto da questi aspetti del sé, possiamo elaborare una direzione e una visione della vita autentica, e possiamo tradurla in obiettivi concreti nella nostra quotidianità attraverso strategia e tattica.
Tutto questo alimenta il benessere eudaimonico, quello che va oltre i piaceri dei sensi (che pure sono importanti).
Serve uno sforzo volontario e notevole per comprendere il proprio significato, in parte è una ricerca che dura tutta la vita, non sempre da soli ci si riesce, è possibile che col tempo il mosaico debba cambiare configurazione, ma la ricompensa per questa fatica vale tutta l’energia che richiede di consumare, perché diventerà il nostro più importante carburante motivazionale.
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