Come esseri umani abbiamo una vocazione naturale all’autotrascendenza: per noi è normale aspirare a stare meglio e ampliare le nostre capacità, siano esse fisiche/atletiche, emotive, cognitive, comportamentali.
Dunque, ambire a essere “di più” (qualsiasi cosa voglia dire per ciascuno) non solo è legittimo ma nemmeno è una moda frutto del contesto culturale, come qualcuno insinua, perché la cultura semmai suggerisce dei modelli con cui dare forma a questo “di più”, e non determina la nostra spinta di base a voler crescere.
Ora, nel nostro percorso di crescita personale, può succedere che delle convinzioni erronee ci ostacolino.
Troppo spesso sento, anche tra colleghi, circolare l’idea che siamo responsabili non solo delle nostre azioni, ma anche dei nostri stati d’animo, cosa vera solo in parte – e solo se non si demonizzano gli stati d’animo negativi; a questo proposito, un grande esperto di gestione dello stress, Russ Harris, ha elencato 4 trappole mentali nelle quali rischiamo di rimanere invischiati.
In estrema sintesi tutte riguardano il modo di pensare alla felicità: se infatti migliorare per essere più felici è naturale e sano, pensare alla felicità nei modi sbagliati alimenta inutili frustrazioni che oltretutto sottraggono energie preziose durante il nostro cammino di crescita.
Secondo Harris le 4 trappole in cui rischiamo di inciampare a propositi di felicità sono queste:
- “La felicità è la condizione naturale degli uomini e donne sani”: purtroppo tantissima gente se ne va in giro pensando che gli altri non hanno tribolazioni, mentre invece non è affatto così, lo stato di grazia di una vita beata è l’eccezione non la regola, e comunque, è uno stato transitorio. Anche escludendo le crescenti percentuali di psicopatologia, siamo tutti invischiati in tribolazioni riguardanti il lavoro, le relazioni, la ricerca di significato.
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“Se non sono felice, ho qualcosa che non va”: logico no? Se la felicità è la norma, allora avere emozioni e pensieri dolorosi è sbagliato e da curare. Invece è normale, perché le preoccupazioni sono un bagaglio che ci portiamo dietro da millenni come strumento per affrontare e prevedere i pericoli, e sopravvivere come specie.
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“Una buona vita è priva di sentimenti e pensieri negativi, o li riduce al minimo”: come ho scritto più volte sul blog, il benessere è connesso allo svolgimento di attività significative, e se una attività, una relazione, un impegno preso ha valore, se ci sta a cuore, accanto alle emozioni (e pensieri) positive che accompagnano il suo svolgersi inevitabilmente si avranno emozioni (e pensieri) negative legate alla precarietà, frustrazione, incertezza che in assoluto riguardano tutto ciò che facciamo ma in particolare sentiamo rispetto a ciò che per noi è importante… Non è possibile migliorare la propria vita senza provare emozioni spiacevoli, quello che possiamo fare è gestirle in maniera che non abbiano più peso di quanto ne devono avere.
- “Devo avere il controllo di tutto ciò che sento e penso”: la nostra mente utilizza efficacemente le capacità di controllo per progettare e mettere in pratica azioni, e ciò ha creato l’illusione che tale capacità si possa estendere al controllo di pensieri ed emozioni, naturalmente quando sono negativi. Questo mito del controllo dello stato d’animo è molto in voga oggi e psicologi, counselor, coach di varie scuole propongono tecniche per potenziarlo che nella migliore delle ipotesi risolvono il problema nel breve periodo ma non azzerano certo gli stati d’animo negativi nel lungo: e menomale! Le emozioni negative esistono per ragioni evolutive e cancellarle sarebbe catastrofico per il nostro funzionamento.
Ora prenditi qualche momento per pensare alle tue convinzioni sulla felicità: quanto le tue idee su di essa si avvicinano a quelle erronee sopra elencate? nei momenti di sconforto cosa fai? Pensi di dover combattere le tue emozioni negative? E se invece decidessi di accettarle e di continuare ad agire nella direzione tracciata dai tuoi valori e dai tuoi obiettivi? Buon allenamento!
Per saperne di più: Russ Harris, The happiness trap, Robinson ed.