Nel film American Psycho (tratto dall’omonimo e importantissimo romanzo di Bret Easton Ellis), Patrick Bateman, il delirante protagonista, rampante 30enne newyorchese, a un certo punto incontra per strada un barbone e lo prende a coltellate. Prima però lo accusa di essersi ridotto a vivere per strada, sporco e affamato, perché ha “un atteggiamento mentale negativo”.
Così, quando sento qualcuno inneggiare al pensiero positivo, mi viene istintivamente da pensare a Patrick Bateman, che problemi psichici a parte è un perfetto esempio dello yuppie newyorchese, esempio che con entusiasmo è stato importato da tutti i paesi a capitalismo avanzato e in modo subdolo costituisce un modello culturale che contribuisce a formare i valori di ampi strati della popolazione di tali paesi, senza distinzione di sesso, età, etnia, classe sociale – insomma in maniera assolutamente egualitaria.
“Pensa positivo” è un mantra che sentiamo ripeterci in continuazione, e allora chiediamoci: secondo la scienza pensare positivo FUNZIONA?
La risposta è DIPENDE.
Lo spiega brillantemente Gabriele Oettingen nel suo Rethinking Positive Thinking, finalmente tradotto in italiano dalle edizioni Tlon col titolo Io Non Penso Positivo. Si tratta di un testo di grande valore perché l’autrice, docente a New York e Amburgo, ha dedicato tanti anni a compiere ricerche sperimentali sul pensiero positivo.

Il verdetto è: se ci si limita a fantasticare positivamente sul proprio futuro, nella migliore delle ipotesi ciò non ha alcun nesso con il raggiungimento del risultato fantasticato, nella peggiore diventa addirittura un ostacolo, perché una bella fantasia costituisce una sorta di sedativo mentale, utile solo quando è davvero impossibile esaudire un certo desiderio, che ci fa accontentare di quanto avvenuto nella nostra testa, disincentivando l’azione. In pratica il contrario della motivazione ad agire. E in effetti, basta leggere Uno Psicologo nel Lager di Viktor Frankl per capire che in condizioni critiche la fantasia fine a se stessa alimenta la sopravvivenza – peccato che non è questo il senso in cui il pensiero positivo viene spesso promosso – o forse si? in fin dei conti fantasticare e basta è un modo per non smuovere le cose.
Ma allora meglio essere pessimisti? Non proprio, e infatti in questo blog si è parlato di ottimismo flessibile: pensare a un futuro positivo desiderato può effettivamente dare benefici, ma all’interno di una strategia cognitiva sofisticata. Oettingen ha mostrato in modo convincente che pensare positivamente al soddisfacimento di un desiderio nel futuro ha effetto motivazionale, MA solo se ad una intensa attività immaginativa in cui si visualizza il desiderio realizzato segue:
- una altrettanto intensa visualizzazione del risultato migliore da raggiungere per soddisfare il desiderio, e dopo:
- una altrettanto intensa visualizzazione di tutti i possibili ostacoli che potrebbero impedire di raggiungerlo, siano essi ambientali (es:”la persona x potrebbe dire no alla mia richiesta”) o intrapsichici (es:”proverei troppa ansia nel farlo).
In quest’ordine!
Questo metodo è stato definito dall’autrice contrasto mentale, ed è stato testato innumerevoli volte (gli esempi nel libro sono davvero tanti, troppi).
Ma non finisce qui, a rendere ancora più efficace l’attività immaginativa è la tecnica “if…then…” per cui a seguito di una analisi contrastiva si immagina vividamente il verificarsi degli ostacoli temuti (dove e quando potranno verificarsi?), e solo dopo la tattica concreta di fronteggiamento degli stessi (es: “se proverò ansia durante la presentazione, allora farò attenzione a rilassare il mio corpo e sdrammatizzerò scusandomi con la platea per il fatto di sudare come un cammello).
A ciò va aggiunto che la tecnica funziona se gli obiettivi che ci si pone non sono in contrasto con obiettivi più profondi e spesso, almeno parzialmente, non consapevoli. In questi casi soprattutto, consultare un professionista può essere importante per superare il conflitto tra obiettivi, portandolo innanzitutto alla luce e trovando la soluzione più opportuna.
Come si vede, non è mia intenzione screditare in toto il pensiero positivo, perché non è questo che ci dice la ricerca sociale (per quel poco che se ne è occupata fino ad ora), ma è importante avere bene in mente, oltre alle opportunità che esso può propiziare, anche i suoi limiti, e i possibili rischi di un atteggiamento frutto di un determinato contesto storico e socio-culturale ossessionato dalla performance e dal rifiuto degli stati d’animo negativi.
Per saperne di più: Io non Penso Positivo, Gabriele Oettingen, Edizioni Tlon; Uno Psicologo nel Lager, Victor Frankl, Edizioni Ares; American Psycho, Bret Easton Ellis, Einaudi.